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Osservazioni sulla proposta della Moratti e sulla società in cui viviamo.
Non comprendo lo scandalo e l’indignazione riguardo la proposta della Moratti di assegnare i vaccini alle varie regioni tenendo conto anche del Pil.
Ovvio che, da un punto di vista personale, la trovi spregevole ma è del tutto in linea con lo spirito del tempo, con le proteste di Vissani o con lo scoramento di chi non ha potuto affollare le località sciistiche, con lo sdegno della Santanché e di Briatore per chiusura ( tardiva) delle discoteche questa estate e con chi quelle discoteche lussuose le ha riempite, senza rispetto per sè e per gli altri.
Le vibranti proteste sui social restano autoreferenziali e vuote, di fronte a uno sfacelo della nostra società che è sotto gli occhi di tutti e di cui la Moratti è solo il campione del momento. Il tessuto sociale che, secondo il dettato costituzionale, dovrebbe essere tenuto insieme da vincoli di solidarietà e mututalità, è ormai strappato, fatto a pezzi da anni di politiche individualiste, da un’egoismo ormai assunto a regola, dalla regola che il bene di pochi, col portafoglio pieno, conta più del bene di molti.
Sono coerenti con questa richiesta anche i ricorsi al tar di poche famiglie per riaprire le scuole a ogni costo, anche a costo della salute dei propri figli e degli insegnanti o le file di persone che affollavano il centro sotto Natale per non rinunciare allo shopping che hanno causato un nuovo rialzo dei contagi.
La Moratti è il prodotto tipico della politica in una società consumista e capitalista, dove chi consuma di più ha più diritti, è più cittadino degli altri e chi non consuma è socialmente improduttivo, non degno di attenzione. Consumatore è diventato sinonimo di cittadino ed è in questa logica che trovano spazio il razzismo e l’indifferenza verso chi vive ai margini della società, destinato a un’esistenza periferica e invisibile.
Gli stessi ritardi del governo in questa seconda fase della pandemia, i tentennamenti nel decidere nuove chiusure, sono stati dettati dalla necessità di far ripartire i consumi: tra un’economia che muore e persone che muoiono, a tratti si è scelto di salvaguardare la prima a scapito delle seconde.
La Moratti è stata ministra dell’istruzione e la sua riforma, respinta, aveva dietro una logica imprenditoriale che, in parte e velatamente, è stata ripresa da colui che non può essere nominato, un altro figlio dello spirito del tempo.
Stiamo assistendo a una crisi di governo che è il frutto di uno scontro tra lobbisti, che litigano su come spartirsi la ricca torta dei fondi europei invece di trovare soluzioni concrete per usare quei fondi a beneficio della gente. Non conta come verranno spesi ma a chi verrà assegnato il compito di spenderli, il pomo della discordia è tutto lì, nonostante la retorica di entrambi i contendenti.
Il covid avrebbe dovuto indirizzare le riflessioni della gente verso la richiesta di un cambio di paradigma, di una nuova società basata su nuovi valori condivisi, orientata a un consumo responsabile, a una redistribuzione più equa della ricchezza e a una rafforzamento del welfare.
Ci stiamo invece muovendo verso una forma di autoritarismo inedita, i cui contorni vanno ancora definendosi, pericolosa perché subdola, ma perfettamente integrata nello spirito del tempo, anzi, funzionale ad esso. Speriamo di non rendercene conto quanto sarà troppo tardi.





